
Nella cassetta degli strumenti e delle competenze che uno psicologo deve avere il 2020, complice anche la circostanza storica particolare, ha confermato qualcosa alla quale in effetti non mancava che un sigillo di ufficialità.
Psychology goes online, finally.
Formazione, supervisione, riunioni e soprattutto pratica clinica hanno trovato il loro posto online.
Colloquio psicologico online: di cosa si tratta
Diversamente da quanto si possa pensare istintivamente, un colloquio online non è la versione a distanza del colloquio dal vivo.
Includiamo tra i colloqui di supporto e terapia online tutti quelli che avvengono tramite supporti digitali, ad esempio sistemi di software di messaggistica istantanea, come Skype, servizi di telecomunicazione a distanza, come Zoom, ma anche il caro vecchio telefono (anche se ormai più che altro riservato a servizi specifici come quelli di supporto di emergenza e legato a una situazione specifica, piuttosto che per un uso continuativo come in terapia).
In un colloquio online il setting non è condiviso ed elementi di disturbo e imprevedibili possono accadere: la connessione può non essere stabile, si può venire interrotti, ci si può distrarre più facilmente.
Le difficoltà dei terapeuti con i colloqui online
Molti (troppi?) colleghi hanno riserve circa la pratica clinica e l’utilizzo dei nuovi media con i pazienti.
Questa ritrosia scema però al diminuire dell’età del terapeuta: più è giovane il terapeuta e più avrà un atteggiamento positivo e aperto.
Del resto, si tratta di nativi digitali per i quali non è mai esistito un mondo tutto analogico. Non hanno bisogno di formazione sull’uso di questi strumenti e sono abbastanza duttili da approcciarsi e aggiornarsi senza problemi.
La mancanza di formazione specifica è uno degli elementi di difficoltà; si tratta di un elemento che passa ‘sottotraccia’, implicito, che però è facilmente osservabile da chi, invece, col digitale ha un buon rapporto.
La conoscenza e la padronanza dei media è un elemento fondamentale, non tutti si sentono così confident da inoltrarsi nella gestione di una terapia online.
Oltre a una mancanza di dimestichezza con questi strumenti, un altro tasto dolente riguarda i pregiudizi verso un dialogo digitale coi propri pazienti.
Difficoltà a gestire e mantenere la relazione terapeutica, dover cambiare impostazione, avere una comunicazione artefatta e non spontanea o, all’opposto, ritenere che online i pazienti si aprano di più che dal vivo, sono solo alcuni dei pregiudizi sulla terapia online.
Tuttavia, non ci sono evidenze in tal senso, anzi, è vero il contrario: diversi studi mostrano che invece è un ottimo strumento, al pari di quello ‘classico’, per bambini, adolescenti, adulti ed anziani.
Oltre alle preoccupazioni di carattere tecnico sull’uso di questi strumenti, questioni di etica, gestione dati e privacy sono fonte di apprensione.
Ancora, c’è chi è preoccupato perché ritiene che se la tecnologia diventasse più fruibile per i pazienti i trattamenti faccia a faccia diventerebbero inutili in futuro.
Perché è importante saper fare colloqui psicologici online
Siamo tutti online ore al giorno, che sia per chattare su Whatsapp o guardare video su YouTube: lo psicologo che non fa colloqui online è anacronistico e si preclude a priori importanti opportunità di crescita personale, professionale e di avvicinamento ai propri pazienti.
Comprendere i propri pazienti vuol dire anche mettersi nei loro panni e comprendere il loro mondo.
Andargli incontro ed essere aperti, flessibili e dinamici.
Puoi trovare anche altri contenuti nella mia rubrica di Psicologia Digitale su Stateofmind.it.
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Photo by Dylan Ferreira on Unsplash.